C’era una volta, nella Francia centrale, una bambina che viveva in un convento, circondata da suore vestite di bianco e nero.
Un incipit comune a tante storie, a pensarci bene. Si potrebbe pensare a qualsivoglia tipo di prosieguo per un racconto del genere. La bambina potrebbe diventare grande, potrebbe scoprirsi la principessa perduta della famiglia reale. Potrebbe imbattersi in draghi, incontrare un principe.
Ma la storia narrata prenderebbe tutta un’altra piega se si pensasse a Gabrielle Chanel, come protagonista.
Una volta caduta nella tentazione dell’acquisto di “Storie della buonanotte per bambine ribelli”, sebbene con innato ritardo, speravo con tutta me stessa di ritrovarmi davanti anche lei. La determinata Coco. In fondo è difficile stupirsi del fatto che sia stata scelta anche lei, come “enfant terribile”.
La ribelle Coco: una bambina, una ragazza, una donna, difficilmente influenzabile dalla corrente, dagli usi e costumi del periodo.
Paladina della moda indipendente, Chanel fu in grado di rivoluzionare il concetto di femminilità, connettendolo al senso di praticità, ma senza perdere in classe.
Basti pensare al primo pantalon pour femme, tracciante della cosiddetta “povertà di lusso”, o ancora al famosissimo tailleur, che ci permette, ancor oggi, l’utilizzo di corsetteria solo per sfizio. Difficile non ricordarla, tuttavia, più complesso, narrarla ad un pubblico di piccoli, che possa prenderla come esempio.
O forse no.
La riuscitissima narrazione di Elena Favilli e Francesca Cavallo, è in grado di colpire nel segno grandi e piccini, a far legger di lei come se sia la prima volta. A sorridere a fronte del citato “amico ricco”, che le permise di realizzare il suo sogno.
A voler essere un po’ ribelle, a rischiare, per essere felici in queste vite in continuo divenire.
Buonanotte, bambine ribelli.
Non parliamo di Fashion, non parliamo di Book, parliamo dell’&.
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