Call me by your name: quello che ci si aspetta da una pellicola suis generis, non è di certo ciò che poi ci si troverà davanti agli occhi.
Si potrebbe pensare ad una struggente storia d’amore, ad un’apertura a tutto tondo dell’autore verso una concezione di relazione che, in un contesto come gli Anni Ottanta, sarebbe potuto risultare di certo più “accattivante” o ancora, “fuori da comuni schemi” di quanto possa esserlo attualmente.
Ma no, non è solo l’amore libero, puro ed incondizionato a rendere questo romanzo prima, questa pellicola poi, assolutamente Fashion.
Luca Guadagnino prende di petto le idee dell’autore del romanzo, trasponendole in poesia, estetica dal gusto vintage ed, in un certo qual modo, in cultura. I dialoghi sorprendono, come la fotografia sopraffina e la sceneggiatura, volta ad un continuo dialogo tra personaggi, arte e letteratura. Cosa che, anche ogni attuale passerella e stilista stia cercando di fare.
Nulla è lasciato al caso.
Luca Guadagnino, come anche lo stesso autore del romanzo André Aciman, si cimentano in una nuova rivisitazione della biografia dello stesso scrittore. L’analisi del tema del doppio, della sua personalità ribelle, di stampo decisamente proustiano e riconducibile al personaggio di Elio. O ancora, le gite, le chiacchiere, il vino, il caffè. O anche semplicemente la poesia che si possa celare nel rimanere sospesi, in balia della bellezza dell’estate.
Basti pensare ad “Harvard Square”, il racconto della sua giovinezza americana, o ancora alla multietniche origini dello scrittore per avere ulteriore conferma di quanto effettivamente sia descritto. Una riflessione ironica e malinconica sulla propria reale identità, sul bisogno di appartenenza a qualcosa, a qualcuno. Ad un’idea, che possa anche essere liberale, conservatrice, anticonformista, progressista… ma pur sempre propria. E, soprattutto, “assolutamente fashion”.
Non parliamo di Fashion, non parliamo di Book, parliamo dell’ &.
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